lunedì 2 settembre 2013

Consigli di lettura: Il Giro d'Italia - dai pionieri agli anni d'oro



Che frustrazione guardo mi accorgo di parlare a qualche amico dell’unicità del ciclismo come fenomeno che va al di là dello sport e avverto nell’interlocutore chiari segni di distanza e scetticismo.
Che piacere, per contro, imbattersi in un libro che affronta invece la storia del Giro d’Italia, ma potremmo dire del ciclismo italiano, senza dimenticare di contestualizzarla nell'evoluzione del Paese, del suo costume, della sua società.

Il viaggio di Mimmo Franzinelli inizia nei primi anni del Novecento con le competizioni degli albori. I Gerbi, Rossignoli, Pavesi raccontati a suo tempo in “Addio, bicicletta” da Gianni Brera vengono ripresi per rappresentare l’inizio del ciclismo agonistico italiano. Arrivano poi i mattatori Girardengo, Binda e Guerra oltre all’italiano da esportazione Ottavio Bottecchia, primo pedalatore nostrano a trionfare al Tour de France. 

Si attraversa il ventennio fascista mentre nascono i miti di Bartali e Coppi. 
L’Italia sa arrangiarsi e ricostruirsi. Dopo lo stop imposto dalla Seconda Guerra Mondiale, già nel 1946 il Giro riprende (con un anno di anticipo rispetto al Tour) e viene reinventato. Merito di Vincenzo Torriani che nel ’48 riceve il testimone dal patron Cougnet.

La figura di Torriani è in effetti centrale nel lavoro di Franzinelli per descrivere la grande epopea del Giro d’Italia dal dopoguerra fino agli anni Novanta. Un esempio, quello dell'organizzatore, di intelligenza e creatività funzionale a uno scopo: fare della Corsa Rosa non solo un evento sportivo di primaria grandezza ma un’occasione di crescita economica per le imprese e di promozione per i vari territori attraversati. La verve visionaria di Torriani rende il Giro sempre innovativo nelle scelte del percorso e contribuisce a costruire l’aura mitica di molti corridori, costretti a confrontarsi in tappe per le quali si spende con facilità l’aggettivo “epiche”.

Si sussegnono protagonisti, dominatori, fasi di interregno.
Cambiano gli sponsor sulle maglie delle squadre, prima di squisito ambito ciclistico e, da Magni in poi, aperte ad ogni settore dell’industria. Tra maggio e giugno ogni anno l’Italia scandisce i suoi attimi con la Corsa Rosa, sui percorsi di gara come nelle piazze che accolgono i primi stand pubblicitari e gli eventi collaterali. Si muove il mondo dello spettacolo con esperienze come il Cantagiro.

Intanto per Torriani è un continuo rilancio. Nel 1973 il Giro si fa europeo con alcune tappe oltre confine. Anche questo è l’inizio di una tendenza che farà scuola. Siamo ormai entrati nei tempi di Gimondi e di Merckx. Il ciclismo scrive alcune delle sue pagine più suggestive e immaginifiche. Il suo patron lo accompagna, passo dopo passo, fino alla fine dell’epoca romantica. Prima delle logiche commerciali troppo esasperate e dell’iper-specializzazione di tanti atleti, che da ciclisti hanno scelto di autodeclassarsi in sottocategorie come quella dei corridori-di-Tour-de-France o dei carneadi-del-mese-di-aprile.

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